Rodi, l’isola rosa

Ormai era sera, il crepuscolo era agli sgoccioli. Già qualche luce veniva accesa nelle case e nell’unica strada del paese non c’erano più passanti. Io e la mia compagna ci trovavamo a Katavia, piccolo paese nell’estremo ovest di Rodi. In quel giorno avevamo rispettata la tabella di marcia prefissata. Avevamo lasciato il porto nel primo pomeriggio, con l’intenzione di costeggiare il mare fino all’estremo ovest dell’isola,  evitando  Lindos, che avevamo visitato qualche giorno prima. Ora, io e Marulla, stavamo ritornando verso Afandou, dove avevamo preso un piccolo appartamento in affitto. Si parlava della comodità di viaggiare con la propria macchina, senza orari prestabiliti, fermandosi dove e quando ci faceva comodo e fermandosi a pranzo o a cena in trattorie che s’incontravano per strada nel momento che si aveva fame. Non ci trovavamo d’accordo su come e dove trascorrere la giornata  successiva. Il giorno dopo era il 6 Gennaio, sarebbe stato festa dell’Epifania per noi cattolici, comunque non sapevamo se anche  gli Ortodossi avessero il medesimo calendario religioso. In questo caso i negozi sarebbero rimasti chiusi, mentre avremo trovato aperto qualche museo (pensavamo noi). Decidemmo di pensarci il giorno dopo. Mangiammo bene in un ristorante vicino alla nostra abitazione, facemmo quattro passi per il centro del paese e ce ne andammo a letto un po’ stanchi. Il giorno dopo, visto che a Marulla non interessava far programmi, decisi di andar a visitare Ialissos, paesino sul mare, a nord di Rodi, consigliato dalla Guida Turistica del Touring, per la presenza di importanti rovine molto antiche. Arrivati a Ialissos, seguendo le indicazioni, ci portammo sul luogo indicato dalla Guida. Non c’era un solo visitatore e la biglietteria naturalmente era chiusa. Concludemmo che anche gli Ortodossi festeggiavano l’Epifania al 6 di Gennaio. Poteva essere un problema per noi persone libere, senza meta e senza impegni? Assolutamente no! Stavamo per andarsene da quel posto, quando vedemmo arrivare un greco, circa della mia età, con una Vespa. Posteggiò la motoretta a qualche metro da noi, si avvicinò e ci salutò in perfetto italiano. Noi rimanemmo di stucco e chiedemmo subito , incuriositi, come aveva fatto a capire che noi eravamo italiani. “ Semplice, rispose, l’ho capito dalla targa della vostra macchina”. “Lei è greco?” chiedemmo, “Si sono di Rodi, dove sono nato e vissuto” “ E allora come mai parla così bene l’italiano?” Cominciò quindi a raccontarci la sua storia. “ Quando qui a Rodi comandavano gli italiani, e magari ci fossero ancora, ed io frequentavo le Scuole Elementari, c’era una disposizione fascista che stabiliva che gli scolari  che avessero superato brillantemente l’ultimo anno, avrebbero potuto continuare gratuitamente gli studi in Italia. Io fui uno di quelli. Mi trasferirono a Roma, dove potei conoscere un mondo nuovo ed una città fantastica. Lì imparai perfettamente l’Italiano. Nell’anno successivo, però, scoppiò la seconda guerra mondiale e perciò non potei più allontanarmi da Rodi. Io mantengo talmente vivo quel bellissimo ricordo che, quando incontro degli italiani e li sento parlare la loro lingua, che anch’io conosco bene, mi commuovo come un bambino. Io sono il bigliettaio di questo luogo archeologico e nei mesi estivi incontro molti visitatori italiani. In quelle occasioni mi sento particolarmente felice e con la la fantasia attraverso rapidamente l’Egeo fino ad arrivare alle porte di Roma. Anche gli italiani che incontro sono contenti di conoscermi. Ci scambiamo sempre i nostri indirizzi, che io conservo come cose preziose, però sono sicuro che ne Roma ne quei simpatici italiani, li rivedrò ancora.” “ Lei ama l’Italia, dissi io, più di un italiano e questo mi fa molto piacere ma immagino che, quando Mussolini ha dichiarato guerra alla Grecia, lei abbia subito una forte delusione che magari poi si è trasformata in rancore?” “ Mi sono arrabbiato con Mussolini, rispose, ma non con gli italiani. Gli italiani sono come noi ed in tutta la Grecia quando si parla del popolo italiano si dicono solo tre parole: due popoli, una sola faccia. Noi siamo stati maltrattati dai tedeschi, non dagli Italiani, anzi, molti di quest’ultimi hanno sposato le nostre donne e son rimasti qui con noi”.  “Bravo amico! Come si chiama lei?” “Joannis, rispose” “ Senta Joannis, possiamo scambiarci anche noi i nostri indirizzi? Rodi m’è piaciuta moltissimo, se ritorneremo verremo a trovarla” Accettò volentieri e, finito lo scambio, si rivolse a me dicendo: “ Non ho le chiavi del cancello per farvi entrare ma se lei vuol fare qualche fotografia, segua quella rete per trenta metri, troverà un buco attraverso il quale potrà entrare. Stia attento a non strapparsi i vestiti”. Lasciai lì Marulla, che certamente, non avrebbe mai consentito a metter a repentaglio il proprio look, scoprii lo strappo nelle rete, entrai, scattai alcune fotografie, ritornai, salutammo cordialmente Joannis e ci avviammo verso il ristorante dove avevamo già prenotato il pranzo. Ormai era mezzogiorno. Qualche giorno dopo, alla vigilia della partenza da Rodi, dovendo ritirare le foto di un rullino, posteggiai la macchina vicino al Bagno Turco per avviarmi verso il porto. Appena scesi notai due greci che ci guardavano con un certo interesse. Fatti neanche 200 metri i due erano ancora lì ad una distanza così ravvicinata che potevamo sentirli  parlare. Proseguimmo ancora e, notato un antico pozzo nel mezzo di una piazzetta, ci fermammo ad ammirarlo girandovi attorno. Ebbi modo, così, di osservarli bene cercando, nello stesso tempo, di capire se avevano una faccia affidabile. Ci stavano ancora guardando, però in quel momento abbassarono lo sguardo facendo finta di parlare fra loro. Non avevano per niente un aspetto losco tale da crearmi preoccupazione, anzi avevano un’espressione rassicurante ed addirittura uno dei due mi abbozzò mezzo sorriso. Riprendemmo il cammino, la mia compagna non s’era accorta di niente. Ormai non riuscivo a pensare ad altro se non a quei due che continuavano a tallonarci. Pensai anche che fossero interessati a guardare Marulla. Ma così sfacciatamente?! Non era possibile! Rallentai il passo ma essi si mantenevano sempre alla medesima distanza. Mi assalì una tale curiosità che non riuscii più a camminare. Mi fermai e mi girai verso di loro, sforzandomi di mostrarmi con un’espressione bonaria. Anche loro si fermarono, guardandomi e sorridendo. Feci qualche passo per portarmi più vicino e chiesi: “ avete visto in noi qualcosa di interessante?” “ Non c’interessa vedere, risposero in perfetto italiano, c’interessa sentire, sentirvi parlare. Noi siamo italiani come voi e per noi sentire parlare la nostra lingua è come ascoltare musica. Da cinquant’anni siamo lontani dal nostro paese e quando possiamo parlare con qualche nostro connazionale è come tornare a casa”. Non ebbi il coraggio di chiedere perché non lo avessero già fatto. Forse erano poveri o forse i loro familiari erano tutti morti. Uno dei due riprese subito a parlare chiedendoci  il grande favore di stare un po’ insieme a noi. Ci avrebbero portati in un bar lì  vicino e ci avrebbero offerto tutto quello che avessimo desiderato e così dicendo, uno mi offerse un’ arancia. Tutta la mia curiosità si trasformò subito in tanta emozione e tanta voglia di accontentarli. Ritirai in fretta le fotografie e allegri come vecchi amici ritrovatisi dopo una lunga assenza, ci avviammo verso il bar che loro avevano scelto. Ci accomodammo attorno ad un tavolo ed ognuno raccontò la sua storia, la loro era semplice. Erano due militari, di stanza a Rodi che, alla fine della seconda guerra mondiale, avevano buttato la divisa alle ortiche, avevano sposato le ragazze greche con cui erano fidanzati e da Rodi non si erano più mossi. La scusa che inventarono per spiegare il non ritorno in patria, fu che le loro mogli non si erano mai mostrate interessate a far una visita all’Italia, ma neanche avevano voluto che ci andassero i mariti per paura che non tornassero più. Senz’altro non avevano detto la verità, la nostalgia per l’Italia li stava smascherando.

Il porticciolo di Rodi

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