Gita sulla punta del colle

Attorno a casa mia il panorama  è vario e, da due lati, anche bello. Dagli altri due lati è piuttosto monotono, perché da quella parte posso vedere soltanto qualche casa e cinque campanili, un sesto lo vedo soltanto quando l’aria è pulita. I due lati interessanti stanno, uno ad est dove ci sono i Colli Euganei e l’altro a nord occupato dai Colli Berici, molto diversi dai primi. Soltanto i primi sono di origine vulcanica e per questo motivo hanno forma conica, appuntiti in sommità. I Colli Berici, molto più vicini a casa mia, presentano colori diversi a seconda delle colture e stagioni. I Colli Euganei, che sono più lontani, hanno, invece, un colore blu omogeneo. Ricordo che, quando ero piccolo, sui 5 o 6 anni, ero attratto solamente dai Berici perché non avevano punte aguzze, perché potevo distinguere alcuni colori e perché le loro sommità erano vicine una all’altra e arrotondate dolcemente. Non mi attraevano invece i Colli Euganei per la loro forma acuminata. Mi sembrava che fosse pericoloso avventurarsi su per quelle montagne così ripide e che quindi, un povero diavolo che fosse scivolato dai tre quarti di salita, sarebbe ruzzolato rovinosamente in pianura. Poi c’erano anche le sommità acuminate che mi spaventavano. Credevo che sulla punta non ci fosse posto per poggiare tutti e due i piedi e nemmeno per star seduti perché si avrebbe  avuta la sensazione di sedersi su di un collo di bottiglia. Beata infanzia se pur ignorante! Sui colli Berici, se pur piccolissime, si vedevano le case, la Rocca Pisani dello Scamozzi grande come un cioccolatino, i riflessi sui vetri quando c’era il sole e le luci di notte. Insomma con tutte queste cose ed in più i colori, si aveva la certezza che, là in fondo, c’era vita. Non si scorgeva vita, invece, in quei coni blu appuntiti. Non c’era da meravigliarsi quindi, se io avevo una voglia matta di salire su per i colli del nord, invece  di quelli dell’est. In quei tempi, in cui scarseggiavano i mezzi di trasporto ed ancor di più le lire, non era raro incontrare alcune persone che erano riuscite ad allontanarsi da casa oltre i 20 km, soltanto perché avevano dovuto farlo forzosamente quando lo Stato li aveva chiamati per il servizio militare. Poi se uno era stato mandato, per esempio, a Torino, per tutta la vita,  avrebbe continuato a parlare e raccontare di Torino, come se avesse visto le Porte del Paradiso. Questo per dire che allora, più in là dei paesi vicini non si andava quasi mai. Mia zia Maria, invece, questo immaginario confine l’aveva varcato più volte per raggiungere alcuni Santuari. Pertanto lei aveva conosciuto Vicenza per andare a Monte Berico, Padova per andare a trovare S.Antonio e poi mi pare che sia arrivata anche al Santuario della Madonna della Corona. Così lei con una sola fava aveva preso due piccioni. Aveva soddisfatto la sua voglia di viaggiare e nello stesso tempo aveva visitato alcuni Santuari perché era molto religiosa. Questa nobile debolezza di mia zia, anche se ero molto piccolo, io l’avevo individuata. E’ proprio per questo che io cominciai a tampinarla per farmi portare a fare una passeggiata sui Colli Berici. Tanto la tampinai che un fatidico giorno mi disse che mi avrebbe accontentato. “Ti porterò sul seggiolino della bicicletta, disse, partiremo al mattino, andremo a camminare su e giù per le punte dei colli, come vuoi tu e torneremo al pomeriggio”. Eravamo ai primi giorni di Settembre, i migliori dell’anno e noi avremo dovuto partire per  il grande viaggio (otto km) nella prima Domenica del mese. Già al Sabato cominciai a sentirmi agitato. Alla seconda Messa delle 7 di tale Domenica  andai volentieri, contrariamente alle altre volte. All’uscita dalla Chiesa mia zia comprò 4 montasù, panetti a forma di croce, ottenuti con lievito di birra che erano buonissimi e quindi ci avviammo verso casa, dove avremo dovuto prepararci per il grande evento. Mia zia mise in una piccola sporta il pane appena comprato, vi aggiunse 4 meravigliose pere mature Williams, una bottiglia di vino annacquato ed una grande tovaglia scura da stendere per terra. Grande fu l’emozione che provai in quei momenti, seduto in quel seggiolino con quel programma. A quel tempo non esistevano le strade asfaltate, ma strade bianche con ghiaia, buche e sassi. A questi inconvenienti io neanche facevo caso. M’interessavano solamente le cose nuove che potevo vedere: case, cortili, orti, giardini, campanili e chiese. Dopo neanche un’ora, attraversammo un bel paese più grande del nostro cioè Lonigo e mia zia, ad un certo momento, andò a fermarsi davanti ad una strada in salita. “Ecco, disse, ora scendi dal sellino e a piedi vai a cercarti le punte delle colline. Vedrai che camminerai come un matto senza trovarle”. Pensavo stesse scherzando. A piedi iniziammo una salita che non finiva mai. Finita la salita, scendemmo in un avvallamento circondato da alture. “Andiamo da quella parte, dicevo io, là c’è una punta, se prendiamo quella stradina ci arriviamo in poco tempo”. E allora camminammo fino alla sommità dove la strada, stranamente diventava pianeggiante e la punta spariva, mentre a destra  e sinistra apparivano altri rilievi ancora più alti. A volte, a lato della strada, appariva una ripida scarpata che non si capiva dove andasse a finire a causa della vegetazione presente, che nascondeva il fondo. Forse era un burrone o forse no, forse fra le colline  ci sono più buchi che punte, mi dicevo. Fatto sta che la punta non la trovavo mai, perché sopra ogni altura c’era sempre un bel pezzo di terreno pianeggiante, con attorno altri rilievi ancora più alti. Dopo parecchia e faticosa strada, mi convinsi che mi sarebbe stato più facile cercare una bella ombra dove avrei potuto sdraiarmi, riposare e mangiare, in santa pace, pere e montasù. E così feci e fui felice.

Colli Euganei

il-paradiso-di-lucy

  1. Lascia un commento

Lascia un commento